Irene Rosolen

L’enciclopedia Treccani definisce l’immigrazione come
“in generale, l’insediamento di uomini in
paesi diversi da quello in cui sono nati, per cause naturali o politiche; può
essere di massa o d’infiltrazione, secondo che le unità che si spostano
comprendano varie migliaia di individui oppure siano di scarsa entità […]. Con
significato più specifico, l’arrivo e lo stabilirsi, nel territorio di uno
stato, di lavoratori stranieri”. Semplificando: esseri umani che si
spostano da un paese ad un altro. Semplificando ulteriormente: un cambiamento.
Un cambiamento che, in quanto tale, porta con sé aspetti positivi (opportunità
di scambio, confronto e miglioramento), ma altresì aspetti negativi (maggiore
criminalità, sfruttamento, insicurezza).
L’Unione Europea è ben consapevole di tutto questo e,
forse prima di ogni altro stato che la costituisce, ha compreso come la
migrazione internazionale possa contribuire alla propria crescita economica sia
direttamente, con la prosperità interna che si raggiunge grazie al fattore di
scambio umano ed economico, e sia indirettamente, grazie alle risorse offerte ai
migranti e ai loro paesi d'origine, contribuendo così al loro sviluppo e
all’ampliamento della loro rete commerciale. Tuttavia, l’Unione Europea è anche
convinta che quanto sopra possa essere un beneficio solamente se si riesce a
gestire la migrazione in maniera tale da tenere conto delle capacità
d'accoglienza dell'Europa sul piano del mercato del lavoro, degli alloggi, dei
servizi sanitari, scolastici e sociali, proteggendo i migranti dal rischio di
sfruttamento da parte di reti criminali. L’Unione Europea pertanto, in maniera
razionale, intelligente e, perché no, egoistica, ha intrapreso una serie di
iniziative volte a cogliere tutti i vantaggi dell’arrivo di cittadini
extra-europei all’interno del proprio territorio e, allo stesso tempo, volte a
garantire la sicurezza interna e il rispetto dei propri principi e valori. L’Unione
Europea è altresì cosciente di non poter intraprendere scelte unilaterali e che
ogni sforzo per creare una politica comune in materia di immigrazione risulterebbe
inutile se non si prendessero in considerazione le singole situazioni dei paesi
dell’Unione Europea (UE) e se non si ponesse in essere una collaborazione tra i
paesi e le istituzioni della UE. Pertanto il 17 giugno 2008 la Commissione
Europea emana una comunicazione intitolata “Una
politica d’immigrazione comune per l’Europa: principi, azioni e strumenti”
e rivolta al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale
europeo e al Comitato delle regioni. Tale comunicazione prevede dieci punti su
cui fondare una politica comune e illustra le azioni necessarie per la loro
attuazione.
I dieci punti che fungono da principio guida per la
politica comune europea in tema di immigrazione sono i seguenti:
1. Regole
chiare e condizioni di parità
Attraverso la chiarezza, la trasparenza e l’equità,
si deve mirare alla promozione dell’immigrazione legale. È necessario quindi
garantire la trasmissione ai cittadini dei paesi non appartenenti all’Unione Europea
di tutte le informazioni necessarie per l’ingresso e il soggiorno legale nell'Unione
Europea e, successivamente, garantire pari trattamento degli stessi rispetto a
quelli appartenenti all’Unione Europea.
2. Incontro
tra qualifiche e fabbisogno
L’immigrazione per motivi economici deve rispondere a
una valutazione comune dei bisogni dei mercati del lavoro dell’Unione Europea.
Contemporaneamente, si dovranno rispettare il principio della preferenza dell’Unione
Europea, il diritto dei paesi dell’Unione Europea di determinare le quote di
ammissione e i diritti degli immigrati.
3. L’integrazione è la
chiave per il successo dell’immigrazione
Occorre promuovere l’integrazione, rafforzando la partecipazione
degli immigrati, sviluppando la coesione sociale e l'approccio alla diversità
nelle società di accoglienza.
4. Trasparenza, fiducia
e cooperazione
È indispensabile seguire principi di solidarietà, reciproca
fiducia, trasparenza, condivisione delle responsabilità e impegno comune
dell’Unione Europea e dei suoi paesi.
5. Uso efficace e
coerente dei mezzi disponibili
Le particolari sfide cui devono far fronte le
frontiere esterne di alcuni paesi dell’Unione Europea vanno considerate
all'interno di un contesto finanziario.
6. Partenariati con
paesi non appartenenti all’UE
L‘immigrazione deve essere parte integrante delle
politiche esterne dell’Unione Europea. È necessario promuovere la cooperazione
in relazione a tutti gli aspetti delle questioni migratorie, in collaborazione
con i paesi non appartenenti all’Unione Europea.
7. Una politica dei
visti al servizio degli interessi dell’Europa e dei suoi partner
Una politica comune dei visti
dovrebbe agevolare l’ingresso dei visitatori legali nel territorio Unione Europea
e rafforzare la sicurezza interna e dovrebbe essere fondata sull’uso di nuove
tecnologie e sulla condivisione delle informazioni tra i paesi dell’Unione Europea.
8. Gestione integrata
delle frontiere
Occorre rafforzare la gestione delle frontiere
esterne e sviluppare politiche di controllo frontaliero.
9. Intensificare la
lotta contro l'immigrazione illegale e tolleranza zero per la tratta di persone
È necessario sviluppare una politica coerente di
lotta, e attuare misure, contro l’immigrazione illegale e la tratta di essere
umani.
10. Politiche di
rimpatrio sostenibili ed efficaci
Le misure di rimpatrio sono una componente
indispensabile della politica dell’Unione Europea in materia di immigrazione.
Vanno evitate le regolarizzazioni su larga scala di immigrati illegali, pur
lasciando aperta la possibilità di singole regolarizzazioni.
A tale comunicazione sono seguite altre comunicazioni
e programmi sulla scia dei principi di cui sopra allo scopo di raggiungere, in
tema di immigrazione, une reale ed efficace politica comune che è una meta che
non è ancora stata pienamente raggiunta. A questo punto sarebbe interessante
comprendere come l’Italia abbia concretamente risposto ai principi indicati
dall’Unione Europea, ma questo è un altro capitolo che lascio a voi
approfondire o meno.
Irene
Rosolen
Dopo aver conseguito la laurea specialistica in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Padova, svolge la pratica professionale presso uno studio legale di Vittorio Veneto. Successivamente decide di affrontare una nuova avventura, tutt'ora in corso, iniziando a lavorare come giurista d'impresa preso l'ufficio legale interno di un'azienda che si occupa di ristrutturazione e restauro di beni architettonici ed artistici.
Dopo aver conseguito la laurea specialistica in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Padova, svolge la pratica professionale presso uno studio legale di Vittorio Veneto. Successivamente decide di affrontare una nuova avventura, tutt'ora in corso, iniziando a lavorare come giurista d'impresa preso l'ufficio legale interno di un'azienda che si occupa di ristrutturazione e restauro di beni architettonici ed artistici.
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