Dott.ssa Daniela Zaza
In questo articolo, considerato
l’argomento del mese di Psicomaps, vorrei parlare della mia esperienza
personale come educatrice nelle scuole elementari.
Da alcuni anni, infatti, sono
educatrice nei centri socio-educativi, un servizio di doposcuola che consente
ai bambini delle classi elementari di prolungare la loro permanenza a scuola,
svolgendo nel pomeriggio, svariate attività mirate a favorire lo sviluppo
armonico del bambino ed a stimolare le capacità espressive individuali e le
potenzialità di ciascuno. Questi doposcuola, sono frequentati da bambini di
diverse età (dai sei ai dieci anni) di classi e sezioni differenti (ma della
stessa scuola), provenienti da più paesi e spesso, quindi, appartenenti a
culture e religioni diverse.
L’integrazione, la condivisione,
il rispetto e la valorizzazione di ogni bambino e del suo ambiente di
provenienza diventa uno dei punti centrali del mio lavoro.
Ogni anno il “mio” doposcuola diventa
sempre più multietnico: è frequentato da circa 25 bambini, la maggior parte dei
quali stranieri: marocchini, africani, cinesi, indiani e dei paesi dell’est.
Alcuni di loro sono qui da quando erano molto piccoli, altri invece sono
arrivati in Italia solo pochi anni fa ma tutti portano con sé un bagaglio di
esperienze e di usanze una più interessante dell’altra.
Il nostro momento di condivisione
e conoscenza reciproca inizia in mensa e da subito emerge l’ingenua curiosità
dei bambini che, ad esempio, chiedono ai compagni marocchini come mai non
mangiano la pasta al ragù. Non ci sono risate o prese in giro, ma interesse e
accettazione delle diverse abitudini.
Il momento del gioco è senz’altro
quello più “difficile” da gestire. Emergono i temperamenti e le difficoltà di
ognuno, anche queste spesso legate alla propria etnia e all’educazione
familiare.
Il ruolo dell’uomo e della donna,
nella società così come all’interno della famiglia cambia d’importanza a
seconda del paese di provenienza e questi aspetti emergono soprattutto nelle
attività libere e ricreative. Emerge la predilezione per il gioco irruento e
fisico di alcuni bambini, che tentano di guadagnarsi il ruolo di leader del
gruppo, piuttosto che il bisogno di altri di giocare in solitudine o con pochi
amichetti.
Capita spesso, finché i bambini
non si conoscono tra loro, che si creino gruppetti di gioco in cui “le femmine
non possono entrare” o in cui “non sono ammessi i maschi”, e questo rientra
nelle normali tappe evolutive, ma non mi è mai capitato, con mia immensa gioia,
che alcuni bambini fossero isolati o esclusi dal gioco perché “diversi” o di
colore; la voglia di conoscersi e trovare nuovi compagni di gioco, infatti, abbatte
qualsiasi diversità culturale e ai bambini non importa che tu sia italiano o
meno, basta che giochi con loro. Il momento del gioco inoltre, è uno spazio per
conoscere le tradizioni di ognuno, per imparare sempre cose nuove e magari
sperimentarsi in attività mai provate prima.
Dietro ad ogni bimbo, però ci
sono le famiglie, spesso allargate da nonni e zii, con le quali non è sempre
facile relazionarsi. Gli stili educativi infatti sono diversi tra i vari paesi,
alcuni molto rigidi e severi, non tollerano lo sbaglio e spingono i bambini ad
essere perfetti, talvolta castigandoli ingiustamente, altri invece troppo
permissivi e poco autorevoli, non forniscono al bambino i giusti confini entro
i quali muoversi.
Il servizio di doposcuola mira
anche a riequilibrare eventuali squilibri nell’educazione dei bambini, sempre e
prima di tutto nel rispetto della famiglia, e a fornire le linee guida,
talvolta carenti, per una “convivenza” serena. Gli educatori hanno il compito
di insegnare l’importanza del rispetto reciproco che è alla base di qualsiasi
cultura, di favorire la socializzazione all’interno di una dimensione non solo
educativa e formativa, ma anche ludica e ricreativa.
Il doposcuola, infatti, è un
luogo in cui ogni bambino può crescere e sperimentarsi a livello scolastico ma
anche e soprattutto a livello individuale e sociale.
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