Dott.ssa Francesca Ferronato
Incontro spesso genitori: interessati,
preoccupati, energici ed entusiasti, desiderosi di imparare e di comprendere
meglio le dinamiche e le caratteristiche dei loro figli. Essere genitori è un
compito difficile perché contiene in sé un forte paradosso: da una parte i
genitori fanno figli, trasmettono i loro geni, li introducono nel loro mondo e,
poco alla volta, nella società. Dall’altra parte quei bambini sono ‘più grandi’
di loro nel senso che i genitori non possono definire i limiti della loro vita.
I genitori sognano il proprio figlio, ancora prima della sua nascita, lo immaginano,
lo creano, fanno progetti per lui, ma debbono guardarsi bene dal decidere al
suo posto.
Essere genitore è difficile proprio per
il grosso investimento che viene messo in atto, tempo, energie, emozioni per arrivare a non possedere i figli ma per
poterli guardare, sulla soglia della propria casa mentre camminano con le
proprie gambe e si allontanano prendendo la loro strada. Dare autonomia
significa dare al figlio una serie di permessi molto importanti: il permesso di
essere sé stesso, facendo le proprie scelte e sviluppando le proprie risorse,
il permesso di crescere e di riuscire, dare quindi il proprio supporto affinchè
il bambino sia libero di provare,
sbagliare, rialzarsi e riuscire, e infine il permesso di essere importante. Si
tratta innanzi tutto di aiutare il bambino a diventare attento al mondo, a
conoscerlo il più correttamente possibile e a sviluppare l’intelligenza, cioè
la capacità di interpretare le cose che si vedono, si sentono, si studiano, si
ricordano. Così facendo il bambino impara ad essere responsabile, in grado di
rispondere delle proprie azioni e di scegliere cosa fare o non fare.
Autonomia, una piccola parola che
racchiude un grande significato educativo: l’autonomia si conquista quando si
liberano o si recuperano tre capacità: consapevolezza, spontaneità e intimità.
La consapevolezza è la capacità di vedere, sentire, provare la sensazione e il
gusto delle cose in quanto pura impressione dei sensi. La persona consapevole
non interpreta né filtra l’esperienza del mondo ma è in contatto con le sue
sensazioni corporee. La spontaneità
significa la capacità di scegliere e reagire al mondo in modo diretto, senza
cancellare parti della realtà o reinterpretarla. Infine l’intimità è il saper
condividere apertamente con l’altro tutta una serie di emozioni autentiche. I
genitori hanno quindi un difficile compito che li mette in condizione non solo
di “voler bene” al figlio ma anche e soprattutto di “volere IL bene” del
figlio, mettendo da parte il proprio desiderio di attaccamento e lasciando la
leggerezza di volare.
Kahlil Gibran nel libro “il profeta”
traduce al meglio questo concetto, utilizzando una metafora forte ed efficace
che permette di capire quanta fermezza ed energia sono necessarie per essere un
genitore che concede al proprio figlio il diritto di… volare più in alto.
I vostri figli non sono figli vostri
Sono figli e figlie della sete che la
vita ha di sé stessa
essi vengono attraverso di voi, ma non
da voi,
E benché vivano con voi non vi
appartengono
Potete donare loro amore ma non i vostri
pensieri:
Essi hanno i loro pensieri.
Potete offrire rifugio ai loro corpi ma
non alle loro anime:
Esse abitano la casa del domani,
che non vi sarà concesso visitare
neppure in sogno.
Potete tentare di essere simili a loro,
ma non farli simili a voi:
La vita procede e non s'attarda sul
passato.
Voi siete gli archi da cui i figli, come
frecce vive, sono scoccate in avanti.
L'Arciere vede il bersaglio sul sentiero
dell'infinito,
e vi tende con forza affinché le sue
frecce vadano rapide e lontane.
Affidatevi con gioia alla mano
dell’Arciere;
Poiché come ama il volo della freccia
così ama la fermezza dell'arco.
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