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I VESTITI NUOVI DELL’IMPERATORE


-Dott.ssa Valentina Trapanà-

“Nulla infonde più coraggio al pauroso della paura altrui” U. Eco

Molti anni fa viveva un imperatore. Egli non si curava né degli eserciti né delle questioni di stato, ma il suo unico interesse era quello di possedere sempre abiti nuovi e belli. Un giorno arrivarono nel suo regno due impostori che, sapendo dell’esibizionismo del re, gli tesero un inganno. Gli proposero di cucire per lui una serie di abiti, fatti con una stoffa pregiatissima e che aveva anche delle particolari proprietà: tutti avrebbero potuto godere della loro visione tranne gli stupidi e coloro che non erano degni dell’incarico che ricoprivano. Attirato dalla possibilità di riconoscere chi nel suo entourage non fosse dotato di particolari capacità intellettive, l’imperatore acconsentì entusiasta. I due impostori montarono due enormi telai, e “lavorarono” insistentemente notte e giorno per la fabbricazione degli abiti; e tutti i fidati funzionari del re che andavano ad osservare come procedevano i lavori, non avevano il coraggio di sostenere che non vedevano niente, per paura di essere considerati stupidi. Ormai era vicino il giorno della parata, e lo stesso imperatore volle andare a vedere i vestiti che avrebbe dovuto indossare in tale circostanza pubblica; rimase impietrito dal fatto di non riuscire a vedere i meravigliosi vestiti millantati dai due sarti, ancor più perché i funzionari che erano andati precedentemente ad ispezionare i lavori, gli avevano narrato della bellezza e dell’esclusività dei ricami e dei tessuti. Per paura di discostarsi dall’idea degli altri e dunque di apparire stupido, anche l’imperatore ringraziò i due sarti per l’immenso servigio resogli ripagandoli con oro e pietre preziose. La mattina successiva il re si infilò i “vestiti” e uscì dal palazzo; tutti sapevano delle proprietà della stoffa, nessuno vedeva niente, ma intimoriti dall’avere un’opinione diversa dalla maggioranza, i sudditi commentavano tra loro quanto fossero belli i nuovi vestiti dell’imperatore. All’improvviso si levò la voce di un bambino che urlò: “Ma il re è nudo!”... Ecco, la voce dell’innocenza! Tutti dunque, compreso il re, erano sicuri che la bambina aveva ragione, ma ormai il danno era fatto; la parata doveva essere portata a termine!
Come sempre le favole di Andersen hanno un profondo significato che però spesso può essere tralasciato concentrandosi prevalentemente sulla storia.
Possono venire in nostro aiuto gli studi condotti nell’ambito della psicologia sociale, dai quali è emerso che più una cosa è condivisa e tanto più si fa fatica a distaccarsene. Se da un lato infatti è molto più difficile riuscire a sostenere la propria opinione quando è in disaccordo con quella della maggioranza, dall’altro lato è molto più facile aggregarsi all’idea comune perché spesso “Molto” viene confuso con “Giusto”! Distaccarsi dall’idea più diffusa viene visto come rischioso, e a volte può generare fenomeni di estromissione dal gruppo. Per riuscire a dire apertamente il proprio pensiero infatti, spesso è richiesto un atto di coraggio o una spinta di spontaneità, come il bambino della favola. Egli infatti riesce a mettere in parole il pensiero di tutti e a sdoganare la paura di essere diverso. Non è casuale che questo ruolo sia interpretato da un bambino, infatti anche nella vita reale i bambini sono considerati come quelli che non hanno peli sulla lingua e che spesso fanno fare gran figuracce ai genitori nelle situazione sociali!
Leggendo questa storia mi è venuto in mente un pensiero: ma i “matti”, quelle persone che preferiamo guardare a gran distanza, con le quali entrare in contatto a piccole dosi e i cui pensieri e discorsi ci sembrano così lontani dalla credenza comunemente diffusa… che a volte non siano solo CORAGGIOSI?!?

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