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COSA C'E' DIETRO LA PAURA

Dott.ssa Alice Fusaro

Non è semplice trovare un’emozione che caratterizza il burattino più famoso del mondo poiché non è umano e non riesce a comprendere le emozioni degli altri (infine, quando lo fa, gli viene riconosciuta la sua umanità, diventando un bambino vero). Per la maggior parte della storia i sentimenti descritti riguardano la curiosità e lo stupore per un mondo tutto nuovo e la paura nelle situazioni di pericolo.
Vorrei proprio approfondire quest’ultima emozione: la paura.
Il termine paura è usato per una delle emozioni fondamentali (insieme a tristezza, gioia, disgusto e rabbia) comuni all’uomo e a numerose specie animali. La paura può avere intensità variabili. Quando è meno intensa viene definita inquietudine, esitazione, timore e preoccupazione. Quelle più intense sono l’ansia, la fobia, il panico e il terrore. Entrambe vengono scatenate da eventi percepiti come realmente pericolosi per l’incolumità personale o immaginati come tali e si accompagnano ad una serie di reazioni fisiologiche molto comuni come sudorazione, l’accelerazione del battito cardiaco, il pallore del volto ecc…
I bambini piccoli spesso si spaventano per stimoli intensi come un rumore forte, il dolore, il buio… Quando i bambini crescono queste paure possono essere legate a oggetti di fantasia come la paura dei mostri, fantasmi, streghe ecc… Oppure vengono indotte dai genitori: alcuni bambini hanno paura delle stesse cose di cui hanno paura i genitori, ad esempio la paura di volare, dei ragni, dei ladri, ecc.. ma non per questo meno intense di altre. Quando il bambino va a scuola le paure iniziano a riguardare gli aspetti sociali, paura della maestra, di litigare con i compagni, paura di prendere un brutto voto. In adolescenza, invece, la paura più frequente è quella di non piacere e di non piacersi, con la conseguenza di non venire accettato dal gruppo e rimanere soli.
Gli adulti, che sono stati a loro volta neonati, bambini e adolescenti, hanno un bagaglio storico di paure. Alcune evolvono e vengono superate dalla maggior parte delle persone (paura del buio) altre vengono mantenute (paura dei ladri).
Spesso l’oggetto a cui è rivolta la paura non è di per sé spaventoso. La nostra mente sposta una paura molto forte su qualcosa che possiamo controllare e gestire. La paura di morire è difficile da gestire e controllare, ma se la paura stessa è rivolta all’idea di volare posso controllarla non prendendo l’aereo. In questo modo ci difendiamo da una situazione molto difficile da affrontare sostituendola con qualcosa di psicologicamente più “semplice”.
Spesso dietro alle emozioni spiacevoli come la tristezza, la rabbia e la paura stessa si trova un bisogno che non viene soddisfatto. Non è semplice spiegare questo concetto e per questo proverò ad aiutarmi con un altro esempio. Una persona può avere paura di parlare in pubblico e per questo evita tutte le situazioni in cui c’è questa possibilità, oppure quando parla si agita e finisce per sentirsi fortemente a disagio. Questa fobia sociale può nascondere la paura che la propria immagine non sia adeguata alla situazione. I motivi possono essere diversi, ma possiamo ipotizzare che questa persona abbia il bisogno di accrescere la propria autostima.
Alcune emozioni, soprattutto se spiacevoli, possono creare disagio, ma questo non significa che siano cattive. Possono essere un modo per comunicare alla propria consapevolezza un bisogno legittimo della persona. La paura può essere vista come un limite ma può darci l’opportunità di conoscere una parte di noi stessi che fino a quel momento ignoravamo.

DICE LE BUGIE? ALLORA STA CRESCENDO!

Dott.ssa Francesca Ferronato


Pinocchio è per antonomasia il simbolo della bugia e la metafora utilizzata dai genitori per impedire al figlio di mentire, del resto nessun bambino vorrebbe un naso lungo o le gambe corte!
Eppure da un punto di vista psicologico la menzogna è una tappa importante dello sviluppo evolutivo dell’infante. Questo perché nei primi anni di vita il bambino mente… non sapendo di mentire! Fino a sei, sette anni infatti il bambino utilizza la bugia come un gioco, le parole vengono utilizzate come una sorta di bacchetta magica che serve per cancellare i misfatti combinati (“non sono stato io a prendere la cioccolata” dice il bambino con la bocca ancora sporca).  Le parole diventano la formula con cui dar corpo ai loro desideri e trasformare il “per finta” in “per davvero”. Il bambino infatti, consapevole di aver commesso un azione che potrebbe far arrabbiare la mamma, cerca di rimediare negando la realtà, come se questa in qualche modo si cancellasse rendendo la famiglia felice.  Oltre a “cancellare” la realtà la bugia ha anche lo scopo di crearne una altenativa: ecco quindi che il gatto diventa il colpevole se non anche l’amico immaginario (http://psicomaps.blogspot.it/2012/07/un-amico-invisibile.html). Attribuendo la colpa ad una persona o oggetto esterno i bambini dirottano anche la parte negativa di sé che li ha fatti comportare male, ritornando così ad essere il “bambino buono” tanto amato e coccolato dai genitori.  Da un punto di vista evolutivo inoltre la frottola consente al bambino di capire di avere la possibilità di pensiero diversa dai propri genitori, ossia la possibilità di avere una propria idea, mentre nei primi anni di vita l’infante non è in grado di differenziare il sé dall’altro, è convinto quindi di poter “pensare i pensieri dell’altro” e viceversa.
Da questo punto di vista si comprende quindi l’importanza per il bambino di esprimere la propria opinione anche sotto forma di bugia. Quando allora la bugia diventa problematica???
Man mano che crescono i bambini si rendono conto che non bastano le parole per cancellare o mutare la realtà e, aspetto più importante, rafforzano il senso di sé, acquistando maggiore fiducia nelle proprie capacità e comprendendo l’importanza dell’assumersi delle responsabilità. In questo modo il bambino impara ad accettare che in lui ci può essere una “parte cattiva” ma che questa non è totalitaria e che può essere migliorata attraverso i suoi atteggiamenti o comportamenti. Se dopo i 7 anni la bugia rimane ugualmente la strategia elettiva del bambino è importante indagare quali sono le paure che lo spingono a mantenere attivo questo comportamento. Le paure possono essere esterne: paura della punizione, del castigo, della sofferenza dei genitori, o interne: paura di non essere all’altezza o di essere troppo cattivo o inadeguato. La menzogna diventa quindi una difesa a tutti gli effetti, diventa la modalità per creare il “figlio ideale” tanto cercato dai genitori o anche per sentirsi all’altezza dei compagni. Tra le bugie dei bambini infatti non ci sono solamente quelle di discolpa (“non sono stato io”) ma anche quelle megalomani (“mio papà ha una macchina che va a 300 km/h” o ancora “una volta ho saltato da un muretto di 10 metri e non mi sono fatto niente”) in questi casi il desiderio è creare un immagine soddisfacente di sé  e contrastare il proprio senso di inferiorità e l’insicurezza ad esso collegata.
Infine tra i modi di modificare la realtà troviamo anche le bugie consolatorie. In questo caso i bambini provano un senso di infelicità, la sensazione di non essere realmente apprezzati per quello che sono e che possono dare. Decidono allora di consolarsi con la fantasia. La differenza con la megalomania è data dal fatto che il bambino cerca di convincere prima sé stesso e poi gli altri, ha bisogno di credere che la realtà sia diversa da quella che sta vivendo concretamente. Bugie consolatorie sono spesso utilizzate dai bimbi quando i genitori si separano, in questo caso la fandonia assume il valore di una sorta di preghiera affinchè i fatti che stanno accadendo si possano modificare.
Alla luce di quanto riportato si può comprendere come diversi tipi di bugia assumano sempre un significato ulteriore, questo non significa che devono essere tollerate o incentivate ma è molto importante indagare e analizzare con i bambini il perché di queste bugie, comprendere cosa sperano di modificare o di vedere con questo strano strumento. In questo modo è possibile ascoltare davvero il bambino e aiutarlo a far emergere un senso di sé più integro che gli consentirà di essere sincero.

LUCIGNOLO....dei giorni nostri!



Dott.ssa Daniela Zaza

Come in tutte le favole, anche in quella di Pinocchio, il protagonista è costretto a scontrarsi o confrontarsi con un “cattivo”. Nel nostro caso, il personaggio in questione è rappresentato da Lucignolo, il bambino ribelle, il più svogliato di tutta la scuola che di studiare ed impegnarsi non ne vuole proprio sapere. Con il suo fare da “bulletto” infatti, riuscirà a persuadere Pinocchio, che si sa è facilmente plasmabile, a seguirlo nel Paese dei Balocchi. In questo paese incantato non ci sono scuole, né maestri, né genitori e neppure regole da rispettare: solo vacanza e divertimento tutto l’anno. Sarà però proprio la totale mancanza di autorità e di buoni consigli che porterà Lucignolo a trascorrere il resto dei suoi giorni trasformato in un ciuchino.
Anche nella vita reale, non è difficile trovare delle persone con caratteristiche simili a Lucignolo: la voglia di libertà e indipendenza può portare a trasgredire alle regole, ad esempio, il bisogno di primeggiare e di realizzarsi può portarci ad assumere comportamenti talvolta immorali o ad essere manipolativi, o ancora svariate situazioni della vita non difficilmente possono indurci ad agire in modo egoista e perciò a discapito di altri.
Questo tipo di personalità, definito “antisociale” può essere considerato lungo un continuum dove all’estremità “sana” si colloca lo stile antisociale di personalità (Lucignolo), mentre all’estremità “patologica” si colloca il disturbo di personalità antisociale. Il rispetto degli standard e delle regole sociali, naturalmente, sono considerati il metro di misura con il quale valutare la presenza o meno di tale disturbo.
Lo stile comportamentale della personalità antisociale è caratterizzato da impulsività, aggressività e irritabilità. Difficilmente queste persone rispettano gli impegni lavorativi e gli obblighi finanziari e spesso vengono meno alle regole. Una rabbia impulsiva, la disonestà e la furbizia, sono caratteristiche tipiche di questo disturbo così come la tendenza ad essere energici e spesso alla ricerca di situazioni pericolose ed eccitanti. Incuranti dei bisogni e della sicurezza altrui, questi individui tendono ad essere competitivi e sospettosi e non sanno perdere. Sviluppano per lo più relazioni superficiali e sono scarsamente coinvolti sul piano emotivo. Inoltre, tendono a essere insensibili al dolore e alla sofferenza degli altri. Tali comportamenti possono essere caratteristici di business men, di politici e di professionisti ma anche di pericolosi criminali.
Lo stile affettivo della personalità antisociale è caratterizzato da frivolezza e superficialità. Questi soggetti evitano l’intimità perché la considerano segno di debolezza. Raramente sperimentano senso di colpa, vergogna o rimorso per le conseguenze delle loro azioni, perciò dopo aver danneggiato qualcuno, possono restare emotivamente indifferenti o fornire spiegazioni superficiali sull’accaduto.
Tendono a considerare se stessi speciali e meritevoli, mentre hanno una visione degli altri negativa; utilizzano quindi le altre persone per soddisfare i propri bisogni ma si mostrano diffidenti e distaccati nei loro confronti.
Una persona con disturbo antisociale, inoltre, tende anche ad essere fortemente irresponsabile e incapace di badare a se stessa.
Il Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali (DSM-IV) stabilisce i seguenti criteri affinchè si possa parlare di disturbo di personalità antisociale:
  1. Un quadro pervasivo di inosservanza e di violazione dei diritti degli altri, che si manifesta fin dall´età di 15 anni, come indicato da tre (o più) dei seguenti elementi:
    1. incapacità di conformarsi alle norme sociali per ciò che concerne il comportamento legale, come indicato dal ripetersi di condotte suscettibili di arresto
    2. disonestà, come indicato dal mentire, usare falsi nomi, o truffare gli altri ripetutamente, per profitto o per piacere personale
    3. impulsività o incapacità di pianificare
    4. irritabilità e aggressività, come indicato da scontri o assalti fisici ripetuti
    5. inosservanza spericolata della sicurezza propria e degli altri
    6. irresponsabilità abituale, come indicato dalla ripetuta incapacità di sostenere una attività lavorativa continuativa, o di far fronte ad obblighi finanziari
    7. mancanza di rimorso, come indicato dall´essere indifferenti o dal razionalizzare dopo avere danneggiato, maltrattato o derubato un altro
  2. L´individuo ha almeno 18 anni.
  3. Presenza di un Disturbo della Condotta con esordio prima dei 15 anni di età.
  4. Il comportamento antisociale non si manifesta esclusivamente durante il decorso della Schizofrenia o di un Episodio Maniacale.

Solitamente chi soffre di questo disturbo non richiede cure psichiatriche, poiché non ha la consapevolezza del suo disagio e della sua malattia; spesso queste persone accedono ai trattamenti psichiatrici solo in seguito a problemi con la legge.
E’ molto importante dunque che la famiglia e le persone vicine aiutino queste persone ad accedere alle strutture specializzate e ad iniziare un percorso terapeutico, in grado di fornire al paziente il contenimento emotivo e comportamentale di cui ha bisogno.

LA SINDROME DI PINOCCHIO: VIVERE FINGENDO

Dott.ssa Pamela Sparacino

Dal titolo risulta chiaro che si parlerà delle caratteristiche di personalità del personaggio Pinocchio, caratteristiche di personalità che in realtà non appartengono soltanto al nostro caro burattino ma che si possono riscontrare anche in alcuni uomini e donne con cui quotidianamente ci relazioniamo.

Pinocchio, nella storia, è un burattino che cerca di crescere e di diventare un bambino in carne ed ossa, in questo percorso affronta e si scontra più volte con le difficoltà del diventare grande e con le regole che gli vengono date da babbo Geppetto e dalla Fata Turchina. Tutte le volte che Pinocchio si trova a dover rispettare queste regole che lo portano a fare anche cose che non gli piacciono come studiare o portare dei vestiti, “scappa” seguendo i suoi istinti verso il paese dei Balocchi.

Pinocchio è l'archetipo del ragazzino allo stato puro, è la persona che cerca e finge di essere adulta ma che si comporta impulsivamente come una bambina.

Solitamente i “Pinocchio” sono persone di sesso maschile, ma possono esserci anche delle “pinocchie”, di età matura che hanno avuto una vita intensa ma instabile, e che di solito ad un certo punto si sono ritrovati soli.

La caratteristica principale è che i “pinocchio” mentono a tutti, anche a se stessi, anzi soprattutto a se stessi ritenendosi migliori di quello che in realtà riescono ad essere.

La strategia utilizzata per mantenere questo comportamento di eterno adolescente è quello di ingannare gli altri con continue promesse di miglioramento e ravvedimento, proprio come Pinocchio, che dice alla Fatina che tornerà a scuola ma poi scappa nel paese dei Balocchi con Lucignolo.

Le caratteristiche principali della Sindrome di Pinocchio sono:

  • tendenza a seguire i piaceri e le tentazioni immediate;
  • inaffidabilità e tendenza all'utilizzo della bugia;
  • tendenza a negare la coscienza morale;
  • tendenza a fare promesse e poi non mantenerle;
  • incapacità ad instaurare legami affettivi se non basati sulla manipolazione;
  • disinteresse ad una sessualità che comprenda anche l'aspetto emotivo;
  • incapacità di prendersi cura degli altri in modo costante, perchè gli altri esistono solo per gratificarlo;
  • incappa spesso in problemi di ordine legale.

Il Pinocchio di Collodi dopo varie peripezie diviene un bambino in carne ed ossa che impara cosa significa provare affetto verso gli altri e cosa significa essere responsabili delle proprie azioni, anche i “Pinocchi” reali possono crescere e diventare degli adulti ma per farlo hanno bisogno di essere riconosciuti e accompagnati nel loro percorso di crescita.

Come riconoscere un futuro Pinocchio? Per intervenire su un Pinocchio “in evoluzione” bisogna ricordare le caratteristiche essenziali che si possono trovare in un bambino o adolescente, sono:

  • menzogna come stile di rapporto;
  • tendenza ad ottenere tutto e subito;
  • capacità a manipolare gli altri per i propri scopi;
  • abilità a fare ricadere sugli altri le proprie responsabilità;
  • fare promesse di “essere buoni” senza mantenerle;
  • attrazione costante verso ciò che è trasgressivo;
  • preferenza per amicizie pericolose e mitizzate.

Cosa fare con un futuro Pinocchio? Bisogna tener in considerazione che il “futuro Pinocchio” è un bambino che soffre di profondi sensi di abbandono e manca di figure solide di riferimento. Pinocchio essendo un bambino lasciato solo con se stesso e i propri fantasmi ha bisogno che si stia con lui per ascoltarlo e comprenderlo.

Nelle persone adulte invece di può parlare di Sindrome di Pinocchio conclamata quando:

  • c'è un costante ricorso alla menzogna;
  • tendenza alla trasgressione sotto varia forma (furti, truffe, vita sessuale promiscua, gioco d'azzardo ecc.)
  • abilità nel manipolare gli altri per i propri fini;
  • pentimenti momentanei e mani seguiti da un cambiamento: assenza di senso di colpa e vergogna;
  • tendenza a colpevolizzare chi lo accusa;
  • comportamento impulsivo;
  • attrazione verso le persone furbe e trasgressive;
  • incapacità di mantenere programmi costruttivi.

Queste sono le caratteristiche generali di Pinocchio, ma tutti i “Pinocchio” hanno una loro controparte nelle relazioni che instaurano, non si deve mai dimenticare che sono circondati da persone che li voglio salvare e che negano i loro comportamenti. 

Chi vive vicino ad un Pinocchio, se vuole veramente aiutarlo a crescere, deve ricordarsi:


  • la regola del 3, un primo comportamento trasgressivo può essere un caso, un secondo una coincidenza ma un terzo costituisce una prova di una abitudine, a questo punto bisogna intervenire;
  • perdonare pretendendo un interruzione del comportamento trasgressivo se questo non avvenisse prendere una decisione definitiva;
  • ad una successiva trasgressione far seguire una promessa d'abbandono per mettere Pinocchio di fronte alla necessità di affrontare la propria inadempienza nel tener in considerazione gli altri;
  • nel caso rivolgersi ad uno specialista.



Bibliografia:


Novellino M. (2002) “La Sindrome di Pinocchio: I forzati dalla bugia”, Franco Angeli editore, ed. Le comete


Tra una favola e l'altra

Rita Piva (maestra)

Credo che l’utilizzo di favole e fiabe sia uno dei mezzi educativi più fruibili ed efficaci che esistano: divertono, intrattengono, fanno sognare e raccontano esperienze di vita in cui è facile ritrovarsi, per sorridere e per imparare…..

Eccomi quindi pronta a raccontare una favola, la mia, cioè un testo che è definito dai canoni letterari come narrativo, con protagonisti animali, uomini, oggetti che interagiscono fra loro in luoghi comuni come la strada, il prato, secondo sviluppi logici e cronologici e…..con una morale esplicita od implicita, nascosta fra le righe, da cogliere durante la lettura o l’ascolto.

Scaletta della mia favola:
·       TEMPO: qualche anno fa.
·       LUOGO: aula scolastica.
·       PROTAGONISTA: Carletto, un bambino di prima elementare, definito dalla scheda di valutazione particolarmente esuberante, spesso irrequieto ed ingestibile.
·       ALTRI PERSONAGGI: io, insegnante prevalente e la classe composta da altri 15 alunni.
E’ uno dei primi giorni di scuola.
I bambini sono impegnati ad adattarsi ai nuovi ritmi ed ai nuovi contenuti, naturalmente anche alle nuove figure adulte di riferimento.
Attraverso fasi giocose ci si approccia alla copiatura dalla lavagna, all’individuazione di vocali e consonanti, alla ricerca di parole semplici ,vicine al mondo del bambino, con cui divertirsi a formulare oralmente frasi.
Ed anche ci si avvia alla scoperta di regole necessarie alla convivenza, al reciproco rispetto, regole chiamate “ amiche”, che ci accompagneranno durante la nostra giornata scolastica.
Le regole sono poche, ma ogni giorno si” ripassano” e ci si accorge che sono sempre quelle, non variano a seconda del tempo o dell’umore di alunni ed insegnanti…
Carletto nel frattempo si rivela davvero esuberante, e lima  la mia pazienza.

“ E’ stato Carletto, è colpa di Carletto, è sempre lui, era così anche alla scuola materna “, mormorano un giorno in coro gli altri quindici angeli serafini.
Le ragnatele, che mi avevano oscurato la vista, si alzano all’improvviso e non mi impediscono più di valutare obbiettivamente il comportamento di Carletto: egli si riteneva nel diritto di disturbare, perché addosso aveva un marchio a fuoco, impressogli precedentemente, che lo autorizzava a contravvenire alle regole.
E’ stato faticoso scalfire il marchio fino ad eliminarlo con tanto tempo, pazienza infinita e determinazione.
Carletto un poco per volta è ritornato ad essere sereno, gli altri quindici angeli serafini hanno imparato ad assumersi le proprie responsabilità.
Io, quando sento frasi “storiche”Sei sempre il solito, ancora tu”, inorridisco, mi si rizzano i capelli, lancio occhiatacce di fuoco…ma non so sempre di essere capita!



Mi chiamo Rita. Abito ad Acquafredda da tanti anni . Qui ho insegnato per 30 nella scuola primaria.
Ho trascorso gli altri 10 anni in varie scuole della provincia ed anche a Brescia città.
Sono in pensione da 2 anni ed i bambini mi mancano molto.
Ecco perché cerco di dedicare il tempo libero a varie attività di volontariato.
Sono presidente della Biblioteca civica.


GEPPETTO: UN PADRE SINGLE!


-Dott.ssa Valentina Trapanà-

“Non è difficile diventare padre; essere padre, questo è difficile” (Wilhelm Busch)
E’ sorprendente quanto le favole raccontate ai bambini possano avere degli innumerevoli spunti di riflessione sulla realtà e quanto da esse si possa imparare. Ed è singolare come anche le favole più antiche, come quella di Pinocchio scritta nel lontano 1883, possano essere incredibilmente attuali!
Uno dei personaggi presenti è Geppetto, un povero falegname che intaglia il suo burattino da un unico pezzo di legno, ma che, pur essendo l’artefice dell’intera storia, rimane in una posizione marginale.
Già, rimane in disparte; eppure se non ci fosse stato lui, Pinocchio non sarebbe esistito!
Per anni, la nascita di un figlio si è ritenuto essere un evento che coinvolgesse pienamente la madre, sia fisicamente che psicologicamente, mentre il padre aveva il ruolo di un osservatore esterno.
Soprattutto negli ultimi anni, si è dato un nuovo valore alla paternità, intesa come il processo che porta l’uomo a diventare e a sentirsi padre; e finalmente anche l’uomo può avere un ruolo più attivo nei confronti del proprio bambino.
Pur non essendo aiutato da cambiamenti corporei, anche il padre inizia a sentire la vicinanza emotiva con il figlio già durante la gravidanza, al punto che inizia a fantasticare su di esso “Che nome gli metterò-disse fra sé e sé- lo chiamerò Pinocchio. Questo nome gli porterà fortuna”.
La nascita del figlio coincide dunque con la nascita del padre, che inizia ad instaurare per la prima volta una relazione interpersonale con suo figlio e che sempre più prepotentemente assolve a funzioni che prima erano ritenute esclusivamente materne “Pinocchio aveva le gambe aggranchite e non sapeva muoversi, e Geppetto lo conduceva per la mano per insegnarli a mettere un passo dietro l’altro”.
Soprattutto con un figlio maschio, come nel caso di Pinocchio, è fondamentale la relazione di gioco che si instaura tra genitore e figlio. Il gioco del padre è infatti caratterizzato da fisicità; dal prendere il bimbo, farlo saltare in aria; tutte modalità che sono il preludio delle relazioni che egli avrà con i pari una volta divenuto ragazzo. Inoltre, rispetto alla madre, il padre prende in braccio il figlio quasi esclusivamente per giocarci assieme, e questo è un aspetto specifico della loro relazione.
Crescendo tutti i figli hanno bisogno di regole, non fosse per altro che per non rispettarle!! E spesso questo è un compito che spetta ai padri, che hanno bisogno di mostrare la loro autorevolezza, in questo ruolo ingrato ma fondamentale per il corretto sviluppo dei figli “Allora lo prese per la collottola e mentre lo riconduceva indietro gli disse tentennando minacciosamente il capo: Andiamo subito a casa. Quando saremo a casa non dubitare che faremo i nostri conti!”.
Se in passato il padre aveva il ruolo del capofamiglia, la persona più vecchia e autoritaria che provvedeva al sostentamento economico dei suoi cari, senza lasciarsi coinvolgere dagli aspetti sentimentali ritenuti competenza del femminile, oggi sempre più si è impossessato del suo ruolo a tutto tondo, quindi riesce, come Geppetto, ad essere una guida per il figlio, ma anche a sostenerlo emotivamente e a dargli la vicinanza affettiva di cui egli ha bisogno “Da principio voleva dire e voleva fare, ma poi quando vide il suo Pinocchio sdraiato a terra e rimasto senza piedi allora sentì intenerirsi e presolo subito al collo si dette a baciarlo e a fargli mille moine”.
Ed è inutile sottolineare quanto avere un buon rapporto con un padre capace di ascoltare e di comprendere, lo aiuti a sviluppare una sana sessualità e a confidare ansie, paure ed esperienze in tal campo.
Il potente e gratificante ruolo di padre, è quello di traghettare il suo cucciolo, dalla tenera età all’età adulta, accudendolo e punendolo, coccolandolo e consigliandolo, affinché guardandosi indietro ormai adulto possa dire “Com’ero buffo quand’ero un burattino! E come ora son contento di essere diventato un ragazzino perbene!”.
Ciò permetterà ad entrambi, di creare una relazione indissolubile, anche quando i ruoli di padre e figlio saranno cambiati …  “Datemi la mano, babbino, e badate di non sdrucciolare!... Montatemi a cavalluccio sulle spalle e abbracciatemi forte forte. Al resto ci penso io”.


L' avventura di Pinocchio

Dott.ssa Chiara Ghizzardi

« C'era una volta...
- Un re! - diranno subito i miei piccoli lettori.
No ragazzi, avete sbagliato. C'era una volta un pezzo di legno. »

Così inizia il romanzo di Collodi “Le avventure di Pinocchio”, storia il cui significato psicologico ha portato molte e svariate riflessioni.
Pinocchio, protagonista della storia, affronta una serie di avventure che lo portano a mettere in discussione dapprima gli insegnamenti del padre, poi sé stesso fino ad arrivare a compiere una vera e propria trasformazione. Le riflessioni che vorrei proporvi partono dall’idea che Pinocchio affronti in queste avventure un viaggio che lo porta alla sua crescita personale e alla sua individualizzazione, dopo essersi confrontato e ribellato con le regole e le norme del padre e della società.
L’eroe di questa storia, come tutti saprete, è un burattino, che prende vita da un pezzo di legno intagliato da Geppetto, che sarà per lui un padre.
L’aspetto da burattino può essere anche visto come una maschera, che indossiamo da bambini, quando ancora non sappiamo chi siamo e impersonifichiamo l’educazione e le aspettative dei nostri genitori. Nel suo percorso di crescita, caratterizzato inizialmente dal suo bisogno di ribellarsi alle regole imposte prima dal padre e poi dalla società, Pinocchio incontra e si confronta con vari personaggi.
Il Gatto e la Volpe possono essere considerati come portatori di aspetti interni all’eroe stesso, rappresentando  i suoi bisogni, le sue parti più inconsce e oscure, che lo portano a trasgredire alle regole. Il confronto con questi due personaggi lo mette in difficoltà, perché lo pongono di fronte ad aspetti poco conosciuti e chiari per lui, allo stesso tempo gli consentono di conoscere meglio questi aspetti e di abbandonare il lato più innocente dell’infanzia, seppur provando dolore e fatica.
Il Grillo Parlante è la voce della coscienza interna di Pinocchio: è il suo Super-io, simbolo dei valori morali internalizzati, che gli ricordano cosa si deve fare in determinate circostanze.
La Fata Turchina è la parte femminile, che Pinocchio fatica a immagazzinare come sua parte. Il nostro eroe infatti non ha una mamma e incontra la fata solo in poche occasioni. Inoltre in un momento si ribellione e trasgressione per lui è difficile integrare anche l’aspetto più caldo e accogliente della fata, essendo la sua personalità ancora in fieri.
L’episodio in cui viene ingoiato dalla balena racconta il momento di crisi, di buio, che potrebbe essere considerato tipico il periodo critico dell’adolescenza. Il padre non lo può aiutare e deve trovare la forza di uscire da questo momento da solo, contando sulle sue risorse, analizzando le sue vere motivazioni al cambiamento. Vi è, quindi,  un passaggio generazionale in cui  non è più il padre ad aiutare il figlio, ma è Pinocchio a prendersi cura del padre. Questo passaggio indica la maturazione e l’individuazione di Pinocchio fa si che la Fata Turchina compia simbolicamente quanto avvenuto in lui stesso: trasformandolo da burattino a bambino vero, togliendogli la maschera e svelando il suo vero sé.
Concludendo si può dire che grazie ai personaggi che incontra e alle storie che attraversa, Pinocchio trasforma il suo mondo interiore. In un’alternarsi continuo tra il bene e il male, tra ciò che è moralmente giusto e ciò che è immorale e sregolato, Pinocchio rappresenta tutti quei ragazzi non più bambini e non ancora adulti, la loro irrequietezza e la loro fragilità, ma anche l’esuberanza e l’attitudine al sogno.

Psicomaps....... sta cercando proprio te!

Cari lettori, 
quest'anno abbiamo pensato di dare spazio anche a voi. 
Se avete delle idee, dei pensieri, delle riflessioni circa: la vita in comunità, il mondo della scuola, la vita di coppia, il rapporto con i genitori anche da adulti, come affrontare momenti di difficoltà, esperienze vostre o di amici (verrà rispettato l'anonimato) e su tutto ciò che può essere oggetto di riflessione, vi invitiamo a scriverci a psicomaps@hotmail.it e verrete pubblicati su  "L'angolo dell'esperto".

UN 2013 DA FAVOLA!!!

FELICE ANNO NUOVO A TUTTI I LETTORI DI PSICOMAPS!!!
Ringraziando tutti, ma proprio tutti gli "sfogliatori" di Psicomaps per aver contribuito alla realizzazione e all'entusiasmo per questo progetto, la redazione è lieta di dare qualche anticipazione sul tema del 2013. Abbiamo pensato di usare maggiormente le nostre libere associazioni... 
Le favole saranno un tema centrale. Vi accompagneremo all'interno di aspetti psicologici che si possono nascondere dietro a personaggi, eventi, leggende, magie ecc...   perché nelle favole possiamo trovare molta più quotidianità di quanto si possa pensare!!!
In attesa dei nuovi post....TANTI AUGURI!!!!